il momento del REI saluto

KAMIZA e REI

上座

Posto d’onore, sede degli dei, sede dello Spirito.

Una parete con il ritratto di Maestri importanti e fondatori di uno stile

Il Kamiza

 

Spesso entrando in Dojo notiamo che sulla parete più protetta e importante della sala dove si praticano Arti Marziali sono solitamente appesi dei ritratti di Maestri e fondatori di uno stile in particolare nel Karate troviamo quasi sicuramente per lo shotokan la fotografia o il ritratto di Gichin Funakoshi

In Giappone il Kamiza è composto da una serie di elementi, ognuno dei quali riveste un preciso significato legato essenzialmente al culto shintoista: tra essi, solo per citarne alcuni, è particolarmente rilevante il Kamidana (letteralmente: “mensola dei kami”), che è la riproduzione di un altare shintoista.

Nel resto del mondo di solito il Kamiza è semplicemente costituito da una base con una fotografia e/o elementi particolarmente significativi per la disciplina che si pratica.

All’inizio di ogni sessione di allenamento i praticanti si schierano in fila di fronte al kamiza e in rispettoso silenzio salutano e si raccolgono in un breve momento di meditazione. Così anche al termine della pratica, quando l’etichetta prevede anche il ringraziamento (per gli insegnamenti ricevuti e per i passi compiuti sulla Via).

Quello del “saluto” in tutte le arti marziali è un momento che non costituisce solo un formale atto di cortesia ma è parte integrante della pratica. Che comincia e finisce appunto con il saluto. Il termine giapponese che indica il saluto è Rei, una parola che porta con sé non soltanto i rituali formali e l’inflessibile etichetta dei giapponesi, ma anche – si legge in un articolo on line sulla pagina di un Dojo italiano di karate, ma è un discorso valido per tutte le arti marziali – l’espressione più profonda del senso della pratica.

Il saluto infatti, oltre ad essere espressione di cortesia e sincerità, è il simbolo dell’intenzione dei marzialisti di percorrere e praticare la Via, con dedizione verso il proprio Sensei e rispetto per i propri compagni. Anche per questo, anzi proprio per questo, il saluto – sia esso effettuato in piedi (ritsurei) o in ginocchio (zarei) – deve essere fatto con corretta postura e mantenendo la dovuta compostezza.

Il relativo rituale è “semplice nella sua forma esteriore ma molto complesso nel suo aspetto interiore: è una presa di coscienza di se stessi, dei compagni, della palestra e dell’arte che si sta per praticare e non deve mai diventare un automatismo, un’abitudine o un obbligo imposto dal maestro. Il saluto – sottolinea giustamente un articolo sul tema – non simboleggia una superficiale manifestazione di educazione, ma un lavoro completo sulla persona: la ricerca di una migliore adesione alla Via (Dō). Il praticante, attraverso il saluto, si predispone correttamente all’allenamento, che richiede pazienza, umiltà e controllo dei propri sentimenti. E dunque un lavoro disciplinato, costante e diligente. Questo è lo spirito della via marziale: l’umiltà è un atteggiamento che bisogna assumere nella vita, la prima lotta che bisogna vincere è quella contro la propria presunzione”

Cito volentieri l’aspetto del KAMIZA e del REI perché a mio modesto parere sono elementi fondamentali  di un arte Marziale.

Oggi si tende a dare troppa importanza alla parte atletica del karate che assolutamente rappresenta di certo un elemento importante, ma trascurando tutto il contenuto filosofico e spirituale del dojo e del karate stesso, rischiamo di trasformarlo in mero sport.

 

 

Di Andrea Vinciguerra

 

il momento del REI saluto

REI