Kyo l’instabilità psico fisica di un avversario

Il momento migliore per eseguire un attacco.

Durante un combattimento, in una gara come in uno scontro in allenamento si prende l’iniziativa di un attacco o la subiamo.

Cosa ci spinge o cosa ci rallenta nel decidere di prendere o meno l’iniziativa?

I Giapponesi identificano il momento giusto dividendo lo studio in molti tempi o momenti ideali, uno di questi è il :”Kyo”

il Kyo è intravedere un instabilità psico fisica del nostro avversario ed approfittare di questo frangente attaccandolo.

Ci vogliono dedizione e sensibilità per padroneggiare questa tecnica, ma una volta imparata e assimilata nei suoi presupposti principali, risulta essere molto efficace .

A differenza del SHIKAKE WAZA dove attraverso finte e provocazioni tecniche induciamo il nostro avversario fuori tempo, il Kyo rappresenta il momento appropriato per intraprendere un attacco a seguito di un cedimento psico fisico del nostro avversario che dobbiamo cogliere sul momento.

La lettura di questo stato emotivo dipende dalla nostra capacità  e della padronanza e sensibilità di questa percezione raggiunta.

Nelle arti di combattimento orientali molto spesso si sente parlare di vuoto, di dispersione dell’energia, di vulnerabilità, oppure di pieno, di forza e di energia.

Gli antichi maestri spiegano di attaccare durante l’istante di vulnerabilità dell’avversario, mentre il nostro corpo e la nostra mente sono in uno stato di jitsu (pieno, forte e centrato) e, naturalmente, quando quello dell’avversario è in uno stato di kyo (debolezza, scollamento e di sfasatura dalla realtà).

Per vincere contro il pieno bisogna applicare la cedevolezza, attaccare con il pieno nel istante in cui l’avversario mostra la sua vulnerabilità (kyo), e, viceversa, cedere, adattarsi contro il pieno dell’avversario, senza farsi trovare in uno stato di kyo.

In un combattimento tra due persone esperte, lo spirito decide in quale dimensione posizionare il corpo e la mente, per cui la dimensione di kyo si realizza con l’assenza dell’attenzione, con l’istante di vulnerabilità o di apertura, ma in alcuni casi kyo potrebbe essere anche una finta, qui si alimentano alcune incomprensioni dei termini, per cui kyo si trasforma in mostrare all’avversario un lato apparentemente debole o scoperto per invitarlo ad attaccarci dove e quando noi vogliamo.

Per essere efficaci, la mente deve essere tranquilla ma attenta e pronta a captare qualsiasi cambiamento, in tal senso si dice che la coscienza guida il corpo (shido, orientare, dirigere).

Bisogna attaccare quando siamo in jitsu e, all’opposto, quando l’avversario e in kyo: se attacchiamo quando l’avversario è uno stato di jitsu difficilmente il nostro attacco avrà successo e risulterà efficace.

 

Rubrica di Andrea Vinciguerra